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Atlante di Citologia e Istologia

Questo Atlante non sostituisce le esercitazioni teorico-pratiche che accompagnano le lezioni di Biologia della cellula e dei tessuti, ma è un sussidio per la revisione ed il ripasso di concetti acquisiti a lezione e dei preparati studiati durante le esercitazioni.

Per ogni tessuto sono presentate alcune immagini di preparati significativi, precedute da una breve introduzione generale, per il cui approfondimento si rimanda, naturalmente, ai libri di testo, essenziali per una preparazione accettabile.

Il materiale contenuto in questo atlante è di proprietà dell'Università di Torino. Sono vietate le riproduzioni non autorizzate.

Tavole di Citologia

In questa sezione sono raccolte immagini di preparati citologici e istologici, volti a sottolineare:

  1. Che cosa evidenziano le principali colorazioni istologiche;
  2. L'aspetto delle cellule e degli organuli cellulari osservabili in microscopia ottica.
Colorazioni

La colorazione dei preparati istologici si esegue per rendere visibili i diversi componenti cellulari e tissutali, che essendo sostanzialmente trasparenti sono quasi invisibili al microscopio (colorazioni morfologiche) o per identificare la natura chimica e la localizzazione dei costituenti chimici (molecole o gruppi reattivi) di un tessuto (colorazioni istochimiche) o per evidenziare fenomeni fisiologici delle cellule viventi (colorazioni vitali; vedi tessuto connettivo, istiociti-macrofagi fissi).

I coloranti normalmente usati nell'allestimento dei preparati istologici presentano un gruppo chimico colorato (cromoforo) ed un gruppo chimico (auxocromo) che in soluzione acquosa dissocia, presentando una carica libera, positiva o negativa. Anche i gruppi chimici del substrato (tessuto) in soluzione acquosa dissociano presentando una carica libera, positiva o negativa. Il legame tra il gruppo auxocromo del colorante ed il substrato avviene sempre tra gruppi reattivi di segno opposto. In base a questo principio i coloranti sono divisi in più categorie:

  1. Coloranti Acidi: gruppo auxocromo anionico (-), si legano a componenti basici (+) del tessuto, che sono definiti acidofili per la loro affinità nei confronti dei coloranti acidi
  2. Coloranti Basici: gruppo auxocromo cationico (+), si legano a componenti acidi (-) del tessuto, che sono definiti basofili per la loro affinità nei confronti dei coloranti basici

Esiste poi un terzo gruppo di coloranti:

    Coloranti Lisocromi o Neutri: non presentano dissociazione né come basi né come acidi perché sono privi di gruppi auxocromi. Interagiscono con substrati altrettanto privi di carica elettrica, come i lipidi, "sciogliendosi" in essi.

Le colorazioni o reazioni istochimiche sono dotate di specificità e permettono di identificare precise molecole o gruppi chimici reattivi presenti nel tessuto. Tra le più usate: la reazione P.A.S. (glicoproteine, polisaccaridi), la reazione Feulgen e quella con il verde di metile per il DNA, la colorazione con pironina (RNA, DNA denaturato e mucopolisaccaridi); la metacromasia del blu di toluidina (DNA, RNA, mucopolisaccaridi acidi); il Sudan nero per i lipidi; le diverse metodiche enzimatiche (come il metodo di Gomori per la fosfatasi alcalina); le tecniche immunocitochimiche (vedi adenoipofisi, PRL ed ACTH); i metodi per evidenziare i composti inorganici (come il metodo di von Kossa per i sali di calcio).

Organuli cellulari

Le cellule sono costituite dal citoplasma (ad elevato contenuto in acqua), delimitato dalla membrana plasmatica. All’interno del citoplasma sono contenuti numerosi organuli o organelli: il nucleo con all’interno il nucleolo, il reticolo endoplasmatico granulare, il reticolo endoplasmatico liscio, i ribosomi, l’apparato di Golgi, i mitocondri (che nel loro insieme formano il condrioma), i vacuoli, i centrioli, i lisosomi, i perossisomi. Esclusivi delle cellule vegetali sono i cloroplasti ed altri plastidi, il grande vacuolo centrale, il tonoplasto, i plasmodesmi. Il citoplasma è attraversato dal citoscheletro, che permette alla cellula di spostare gli organuli, mantenere/variare la sua forma, spostarsi (nelle cellule vegetali la parete cellulare, rigida, non permette alla cellula di modificare la sua forma). Durante la divisione cellulare ai centrioli si aggiungono il fuso mitotico e l’aster, che insieme costituiscono l’apparato mitotico.

L’ultrastruttura degli organuli cellulari è risolvibile solo con il TEM. Con il MO è possibile, usando metodiche varie, evidenziare la presenza e la posizione degli organuli nel citoplasma.

Reticolo granulare e Ribosomi

Al MO il reticolo endoplasmatico granulare ed i ribosomi non sono visibili come tali, ma i ribosomi, sia quelli associati alle membrane del reticolo sia quelli liberi, sono responsabili della basofilia del citoplasma, evidenziabile tramite la colorazione con coloranti basici. Nelle cellule nervose tale insieme di ribosomi liberi e reticolo granulare è definito sostanza tigroide o zolle di Nissl, e si presenta sotto forma di masserelle sparse nel citoplasma. In cellule secernenti quali quelle del pancreas esocrino l'area citoplasmatica intensamente basofila viene definita ergastoplasma

Condrioma

I mitocondri sono organuli di forma varia (a bastoncino, a filamento, rotondeggianti), il cui numero e distribuzione nel citoplasma variano secondo lo stato funzionale della cellula. Generalmente, con il MO i mitocondri non sono singolarmente visibili ma lo sono nel loro insieme, il condrioma. Sono distribuiti nel citoplasma in modo uniforme, con alcune eccezioni: nel tubulo renale (convoluto distale) allineati a formare l'epitelio bacillare, nelle fibre muscolari striate di alcuni muscoli disposti in file negli interstizi tra le miofibrille, nello spermatozoo disposti a spirale intorno al filamento intermedio del flagello.

Apparato di Golgi

L'apparato o complesso o sistema di Golgi è visibile al MO con particolari colorazioni; con normali colorazioni tale apparato non è colorabile e la porzione citoplasmatica in cui è localizzato appare come una lacuna vuota, da cui il termine di lacunoma del Corti, che per primo la descrisse (1920 circa). L'apparato di Golgi generalmente è in posizione paranucleare; nei neuroni è esteso tutto intorno al nucleo, nelle cellule secernenti esocrine e negli enterociti è localizzato in posizione sopranucleare, nelle cellule vegetali è sparso in tutto il citoplasma a formare i dittiosomi. Le membrane dell'apparato di Golgi sono sempre prive di ribosomi.

Nucleo

Con il MO il nucleo è visibile nell'interfase del ciclo cellulare, con le comuni colorazioni morfologiche, nettamente delineato rispetto al citoplasma. E' definito eterocromatico quando appare intensamente colorato (cromatina spiralizzata), eucromatico quando appare chiaro (cromatina despiralizzata).

Con il TEM appare delimitato dall'involucro nucleare, formato da una doppia membrana attraversata da pori.

All'interno del nucleo è contenuta la cromatina, costituita dal DNA e da proteine (istoniche e non istoniche), da RNA e lipidi. La cromatina durante l'interfase si presenta come un ammasso di filamenti non distinguibili l'uno dall'altro, durante la divisione cellulare si condensa a formare i cromosomi .

Nel nucleo è presente il nucleolo, una regione rotondeggiante, non delimitata da membrana, intensamente colorabile e di aspetto omogeneo, costituita da RNA e proteine. La presenza contemporanea di nucleo eucromatico e nucleolo evidente (associata a forte basofilia citoplasmatica) è indice di attiva sintesi proteica nella cellula.

Membrana Plasmatica

La membrana plasmatica o membrana cellulare o plasmalemma costituisce il confine cellulare ed è sede degli scambi bidirezionali della cellula con l'ambiente extracellulare.

Può presentare specializzazioni o strutture addizionali di vario tipo, come, nella parte apicale o libera: ciglia, flagelli, estroflessioni (orletto striato, orletto a spazzola); nella parte basale introflessioni (epitelio bacillare); interdigitazioni (nodi di Bizzozzero) e nella superficie laterale, visibili con il TEM, giunzioni occludenti (tight junction), giunzioni ancoranti o aderenti (desmosomi, emidesmosomi), giunzioni comunicanti o serrate (gap junction). In alcuni casi vi sono rivestimenti esterni, come la cuticola o, nelle cellule vegetali, la parete. Sul lato esterno della membrana è presente un rivestimento di glicoproteine e proteoglicani, evidenziabile con la colorazione P.A.S.

Tessuto Epiteliale

I tessuti epiteliali o epiteli hanno, generalmente, tre caratteristiche fondamentali in comune:

  • 1) sono costituiti da cellule di forma geometrica piuttosto regolare, polarizzate, nelle quali cioè è possibile distinguere una parte basale o prossimale (rivolta verso la lamina basale, sottostante) ed una parte apicale o distale (verso la superficie libera dell'epitelio)
  • 2) le cellule sono adiacenti, strettamente aderenti le une alle altre mediante giunzioni cellulari, con l'interposizione di scarsissima sostanza intercellulare amorfa
  • 3) gli epiteli non sono vascolarizzati (l'ossigeno ed i metaboliti giungono alle cellule mediante diffusione dal tessuto connettivo sottostante).

      Gli epiteli, a seconda della funzione, sono classificabili in:

    1. a) epiteli di rivestimento, con funzione di protezione (dalla disidratazione, da traumi fisici e chimici, dall'ingresso di microrganismi, batteri, virus)
    2. b) epiteli ghiandolari o secernenti, con funzione secretoria
    3. c) epiteli sensoriali, specializzati nella ricezione di stimoli (da non confondere con i neuroepiteli)

      Epiteli di rivestimento

      Gli epiteli di rivestimento delimitano la superficie corporea e le cavità dell'organismo in comunicazione con l'ambiente esterno. Le cavità interne non comunicanti con l'esterno sono rivestite da particolari tipi di epitelio, pavimentoso semplice, di origine mesodermica come i connettivi: l'endotelio (che riveste i vasi sanguigni, linfatici, il cuore) ed il mesotelio, che riveste le cavità sierose quali pleura, pericardio, peritoneo e costituisce gran parte dell'epitelio delle vie urinarie, genitali, ovaio, corteccia della surrene.

      Gli epiteli di rivestimento sono classificati in base a:

      1. il numero di strati cellulari: epiteli semplici o monostratificati (un solo strato di cellule) ed epiteli composti o pluristratificati (più strati di cellule). Gli epiteli pseudostratificati o pluriseriati sembrano pluristratificati: in realtà le loro cellule si impiantano tutte sulla stessa base ma hanno differenti dimensioni, così che i loro nuclei si trovano ad altezze diverse, simulando la stratificazione.
      2. la forma delle cellule: epiteli pavimentosi (cellule appiattite), cubici o isoprismatici (cellule di forma cuboidale), cilindrici o prismatici (cellule cilindriche o a forma di prisma). Negli epiteli pluristratificati si considera la forma delle cellule dello strato superficiale (la forma è diversa nei vari strati). Un ulteriore criterio di classificazione degli epiteli pluristratificati è la presenza/assenza dello strato corneo superficiale.
      3. le specializzazioni della superficie libera: ciglia, stereociglia, flagelli.
      Epiteli di rivestimento semplici

      Sono epiteli costituiti da un unico strato di cellule. Le cellule possono presentare diversi tipi di specializzazioni della superficie libera, quali ciglia e microvilli.

      La forma delle cellule definisce la tipologia dell'epitelio:

      1. se le cellule sono appiattite si parla di epitelio pavimentoso semplice se le cellule hanno profilo quadrato si parla di epitelio cubico semplice
      2. se le cellule hanno profilo rettangolare, cioè la dimensione prevalente è l'altezza si parla di epitelio cilindrico semplice ; i nuclei sono allungati e localizzati in posizione basale, centrale o (raramente) apicale

      Nell'organismo umano troviamo epiteli pavimentosi semplici a formare la parete del labirinto membranoso e la superficie esterna della membrana timpanica, il rivestimento degli alveoli polmonari, la "rete testis" ed alcune parti dei nefroni; sono epiteli pavimentosi semplici il mesotelio e l'endotelio, entrambi di origine mesodermica.

      Epiteli cubici semplici: nella tiroide (normofunzionante) e nei dotti escretori di molte ghiandole, nel cristallino e nella retina (epitelio pigmentato)

      Epiteli cilindrici semplici: nell'intestino tenue (villi intestinali), mucosa dell'ovidotto, piccoli bronchi, alcune aree dell'utero

      Epiteli di rivestimento pluristratificati

      Sono epiteli costituiti da più strati di cellule. La tipologia dell'epitelio è definita dalla forma delle cellule dello strato più superficiale. Infatti la forma delle cellule è diversa nei vari strati costituenti l'epitelio; generalmente le cellule dello strato basale, a contatto con la lamina basale, sono cubiche.

      Epitelio pavimentoso pluristratificato

      Se le cellule dello strato più superficiale sono appiattite si parla di epitelio pavimentoso pluristratificato; esso può essere non cheratinizzato (o non corneificato) , oppure cheratinizzato (o corneificato) . In quest'ultimo caso le cellule superficiali perdono i loro nuclei ed il citoplasma è occupato da una grande quantità di cheratina (scleroproteina); come conseguenza in superficie non si hanno cellule vitali, ma squame cornee. Un epitelio pavimentoso pluristratificato cheratinizzato è tipico dell'epidermide. Gli epiteli pavimentosi pluristratificati non cheratinizzati rivestono la cornea, la cavità orale, la faringe, gran parte dell'esofago. Lo strato corneo protegge dalla disidratazione, quando è molto spesso (pianta del piede, palmo della mano) ha anche funzione di protezione dagli insulti meccanici.

      Nell'epidermide di un mammifero si possono distinguere più strati di cellule. Partendo dal più profondo (a contatto con la membrana basale) troviamo: lo strato basale o germinativo, lo strato spinoso, lo strato granuloso, lo strato corneo. Nell'epidermide del palmo della mano e della pianta del piede, tra lo strato granuloso e quello corneo, è presente lo strato lucido.

      Epitelio cubico pluristratificato

      Se le cellule dello strato più superficiale sono cubiche si parla di epitelio cubico pluristratificato

      Epitelio cilindrico o prismatico pluristratificato

      Se le cellule dello strato più superficiale sono colonnari si parla di epitelio cilindrico o prismatico pluristratificato

      Epiteli di rivestimento pseudostratificati

      In questo tipo di epiteli i nuclei appaiono ad altezze diverse, ma in realtà c'è un unico strato cellulare, perché tutte le cellule sono a contatto con la lamina basale ma solo alcune raggiungono la superficie libera. La forma delle cellule è varia, prevalentemente allungata.

      Un esempio particolare di epitelio pseudostratificato è l'epitelio di transizione , presente quasi esclusivamente nelle vie urinarie e in particolare nella vescica. Nello stato rilasciato (vescica vuota) l'epitelio di transizione appare come costituito da 5-6 strati di cellule, le più basali cubiche, quelle superficiali globose e talvolta binucleate, spesso con nucleoli evidenti (cellule cupoliformi). Nello stato disteso (vescica piena) l'epitelio di transizione appare come costituito da soli 2-3 strati di cellule; le cellule superficiali sono molto appiattite. Tali variazioni del numero di strati sono solo apparenti, essendovi sempre un unico strato di cellule.

      Specializzazioni

      Le superfici apicali delle cellule epiteliali possono presentare 3 tipi di specializzazioni:

      1. microvilli
      2. sterociglia
      3. ciglia

      Microvilli

      I microvilli sono sottili, corte estroflessioni digitiformi della membrana plasmatica, non risolvibili al MO; si tratta di appendici non mobili. Se i microvilli sono particolarmente fitti e ordinati al microscopio ottico si osserva un orletto; l'orletto striato è caratteristico degli enterociti che rivestono i villi intestinali, mentre l'orletto a spazzola è caratteristico delle cellule epiteliali della porzione dei tubuli convoluti prossimali renali.

      Stereociglia

      Le stereociglia sono microvilli molto lunghi, facilmente visibili al microscopio ottico, non mobili. Si ritrovano nell'epitelio dell'epididimo e dell'orecchio interno.

      Ciglia

      Le ciglia sono appendici mobili, relativamente lunghe e per questo facilmente visibili al microscopio ottico. Sono facilmente distinguibili dai microvilli per la presenza, alla loro base, dei corpuscoli basali (blefaroplasti), che appaiono costituire una linea intensamente colorata. Le ciglia sono tipicamente presenti sulla superficie dell'epitelio respiratorio e di quello dell'apparato riproduttivo femminile.

      Epiteli ghiandolari

      Le ghiandole sono formate da cellule epiteliali specializzate nella secrezione. Le sostanze secrete sono di vario tipo: enzimi, sostanze con funzione di protezione (es. il secreto delle cellule mucipare), sostanze tossiche da eliminare, ormoni, ecc. Le ghiandole esocrine riversano il proprio secreto sulla superficie esterna del corpo o in cavità comunicanti con l'esterno, mediante un sistema di dotti escretori; sono quindi costituite da porzioni secernenti (adenomeri) e dai dotti escretori. Le ghiandole endocrine riversano invece il proprio secreto (ormoni) nel sangue, che lo trasporta ad organi bersaglio anche molto distanti dal sito di secrezione.

      Epiteli ghiandolari esocrini

      Le ghiandole esocrine possono essere unicellulari o pluricellulari.

      Unicellulari

      Le ghiandole esocrine unicellulari sono costituite da un'unica cellula secernente; un esempio classico sono le cellule caliciformi mucipare, intercalate agli enterociti nella mucosa intestinale.

      Pluricellulari

      Le ghiandole esocrine pluricellulari sono costituite da una porzione secernente, l'adenomero, e un dotto escretore che permette al secreto di essere riversato all'esterno.

      Le ghiandole esocrine pluricellulari possono essere classificate secondo vari criteri:

      1. in base alla forma dell'adenomero: ghiandole tubulari (l'adenomero ha forma di tubulo diritto), tubulo-glomerulari (l'adenomero ha forma di tubulo raggomitolato), acinose (l'adenomero ha forma sferica, con lume centrale ridottissimo), alveolari (l'adenomero ha forma sferica, con lume centrale ampio)
      2. in base alla complessità dell'organizzazione: ghiandole semplici (costituite da un adenomero ed un dotto escretore), ghiandole ramificate (costituite da più adenomeri che confluiscono su un unico dotto escretore), ghiandole composte (costituite da più adenomeri che fanno capo ad un sistema di dotti escretori ramificati)
      3. in base alla modalità di secrezione: merocrina, apocrina, olocrina
      4. in base al tipo di secreto: ghiandole mucose (il secreto ha natura mucopolisaccaridica), ghiandole sierose (il secreto ha natura proteica), ghiandole miste (sono costituite da cellule mucose e cellule sierose).
      Epiteli ghiandolari endocrini

      Le ghiandole endocrine sono prive di dotti escretori e riversano il proprio secreto (ormoni) direttamente nel circolo sanguigno, grazie alla presenza di una ricca rete di capillari nel tessuto connettivo di supporto che circonda le ghiandole stesse.

      La ghiandole endocrine sono generalmente formate da cellule epiteliali disposte a formare cordoni o isole; nel caso della tiroide formano invece dei follicoli.

      Le ghiandole endocrine costituiscono organi a sé stanti (es. ipofisi, tiroide, paratiroidi, ghiandole surrenali) o in alternativa sono contenute all'interno di altri organi (es. isolotti di Langerhans nel pancreas).

      Epiteli sensoriali

      Gli epiteli sensoriali sono formati da vere e proprie cellule epiteliali, attorno alle quali terminano i prolungamenti di cellule nervose situate nei gangli cerebro-spinali. Sono epiteli altamente specializzati per la ricezione degli stimoli e per la trasmissione degli impulsi alle terminazioni nervose con cui sono in contatto funzionale (sinapsi). Epiteli sensoriali sono i bottoncini gustativi (nei Mammiferi localizzati a livello delle papille gustative della lingua), i neuromasti (meccanocettori) della linea laterale di Pesci e Anfibi, le creste ampollari dei canali semicircolari dell'orecchio interno.

      A parte vanno considerati i neuroepiteli . Questi in realtà non sono epiteli, perché non sono costituiti da cellule epiteliali ma da neuroni che, per la localizzazione (periferica rispetto al sistema nervoso centrale) e la disposizione (epitelioide), ricordano nel complesso un epitelio; tipici esempi sono l'epitelio olfattivo (formato da neuroni olfattivi alternati a cellule di sostegno) e la retina (formata da coni e bastoncelli specializzati nella fotorecezione e da cellule epiteliali pigmentate).

      Tessuto Connettivo

      I tessuti connettivi sono definiti tali per la loro funzione di connettere, funzionalmente e strutturalmente, altri tessuti all'interno dell'organismo. Sono anche considerati tessuti a funzione trofica (in quanto attraverso di essi avvengono gli scambi nutritizi) e tessuti a funzione meccanica (in quanto comprendono tessuti di sostegno, di protezione degli organi interni o tessuti, come il tendineo, che permettono il movimento muscolo-scheletrico). Sono quindi un gruppo di tessuti assai eterogeneo, che presentano alcune caratteristiche comuni: 1) le cellule sono separate tra loro da una sostanza definita matrice o sostanza intercellulare, costituita da una componente amorfa (o anista o fondamentale) e da una componente fibrillare (fibre collagene, elastiche, reticolari). In alcuni connettivi la sostanza intercellulare è molto abbondante (connettivi propriamente detti, cartilagine, osso), in altri è molto ridotta (tessuto adiposo) o eccezionalmente assente (tessuto cordoide). Alcuni connettivi hanno cellule tipiche (tessuto osseo, cartilagineo, tendineo), altri presentano tipi cellulari numerosi e diversi fra loro (connettivi lassi). 2) derivano tutti da un tessuto connettivo embrionale particolare (mesenchima) privo di forma propria, che riempie gli spazi degli organi in via di differenziamento. Il mesenchima presenta una sostanza intercellulare molto fluida e cellule staminali multipotenti, a forma stellata, che si differenziano originando tipi cellulari diversi. 3) possono sostituirsi l'uno all'altro nell'organismo, come il tessuto cartilagineo dello scheletro embrionale dei vertebrati, che nella maggior parte dei vertebrati adulti è sostituito da tessuto osseo; invece alcuni tipi cellulari possono trasformarsi gli uni negli altri: es. i monociti si possono trasformare in macrofagi, i linfociti B in plasmacellule.

      Fra i tessuti connettivi è possibile distinguere: tessuto connettivo propriamente detto, tessuti connettivi a costituzione cellulare (endotelio, tessuto cordoide, tessuto adiposo), tessuto cartilagineo, tessuto osseo, sangue.

      Generalità

      I tessuti connettivi sono costituiti da cellule separate tra loro da una sostanza definita matrice o sostanza intercellulare, costituita da una componente amorfa (o anista o fondamentale) e da una componente fibrillare (fibre collagene, elastiche, reticolari). Le cellule appartengono a diverse categorie, ciascuna delle quali svolge una funzione specifica: sintesi dei componenti della sostanza intercellulare (fibroblasti), riserva e metabolismo dei lipidi (adipociti), difesa immunitaria e non-immunitaria (mastociti, macrofagi, leucociti). Si distinguono cellule fisse (fibroblasti e adipociti, che svolgono tutto il ciclo vitale nel connettivo) e cellule mobili o libere o migranti, che durante il ciclo vitale possono passare dal tessuto connettivo al sangue e viceversa.

      La sostanza amorfa è un gel semifluido, ricco di acqua, che favorisce gli scambi di metaboliti e cataboliti attraverso il tessuto connettivo; contiene glucosaminoglicani, alcuni dei quali solforati e legati a proteine a formare proteoglicani.

      Le cellule del tessuto connettivo propriamente detto (p.d.) sono: fibroblasti e fibrociti, mastcellule, istiociti o macrofagi, plasmacellule. Nei tessuti connettivi si trovano inoltre cellule pigmentate (che non originano dal mesenchima) e cellule provenienti dal sangue circolante: il ruolo di difesa immunitaria dei leucociti si realizza nei tessuti connettivi, dove i leucociti arrivano dopo avere attraversato la parete dei capillari sanguigni (diapedesi).

      1. Fibroblasti e fibrociti. I fibroblasti sono le prime cellule a comparire nel mesenchima e sono le cellule giovani, in grado di moltiplicarsi attivamente, deputate alla sintesi della sostanza intercellulare dei connettivi in via di sviluppo; sono dotati di movimento, anche se scarso. Hanno forma fusiforme o stellata, con molti prolungamenti citoplasmatici, citoplasma basofilo (abbondante reticolo endoplasmatico granulare), nucleo grande, ovoidale, debolmente colorato, con nucleolo evidente. I fibroblasti maturi sono definiti fibrociti: hanno scarsa attività mitotica, che aumenta nei processi di riparazione di lesione dei tessuti, quando possono riacquisire la capacità di sintetizzare la sostanza intercellulare. I fibrociti hanno dimensioni minori dei fibroblasti, scarsi prolungamenti citoplasmatici, citoplasma acidofilo e nucleo allungato, più piccolo e più intensamente colorato rispetto ai fibroblasti. In alcune circostanze, come nei processi infiammatori, possono trasformarsi in istiociti.
      2. Mastcellule o mastociti o mastzellen: sono cellule grandi (diametro 20-30 µm nell'uomo), nei mammiferi hanno forma ovale o sferica o affusata, priva di prolungamenti; sono cellule mobili. Si localizzano soprattutto vicino ai vasi e nella tonaca esterna dei grossi vasi, nel mesentere, nella capsule del fegato. Presentano nel citoplasma numerosissimi granuli basofili, dotati di membrana, contenenti varie sostanze tra le quali istamina ed eparina, quest'ultima responsabile della metacromasia al blu di toluidina. La quantità dei granuli varia con lo stato funzionale della cellula, a volte i granuli sono così addensati da nascondere il nucleo, generalmente di dimensioni ridotte, sferico e in posizione centrale. Nei Bassi Vertebrati le mastcellule presentano forma irregolare ed in certe specie (es. gli anfibi urodeli) possono avere corpo cellulare piccolo, con numerosi prolungamenti molto estesi. Le mastcellule mature hanno limitata capacità proliferativa, che aumenta in caso di infezioni. Sono importanti nella risposta infiammatoria: quando sono già state sensibilizzate contro un antigene (per mediazione delle plasmacellule), sulla loro superficie rimangono (legate ai recettori) le immunoglobuline specifiche per quell’antigene e quando si verifica una seconda esposizione al medesimo antigene il riconoscimento è immediato e provoca una veloce degranulazione nell'ambiente circostante. In alcune situazioni patologiche tale degranulazione (per la presenza di istamina) è responsabile delle reazioni allergiche, di ipersensibilità immediata e anafilattica (shock anafilattico).
      3. Istiociti o macrofagi: derivano dai monociti circolanti, hanno elevata mobilità e capacità fagocitaria. E' stata riconosciuta una notevole varietà di elementi istologici (es. microglia, osteoclasti) distribuiti in diverse sedi dell'organismo, con uguale origine e proprietà funzionali dei macrofagi del tessuto connettivo p.d., tanto da coniare il termine "sistema dei macrofagi" o "sistema dei monociti-macrofagi". Le differenze morfologiche di questi elementi istologici rispetto ai classici macrofagi connettivali sono da considerare un risultato all'adattamento alle condizioni ambientali del distretto dell'organismo dove sono presenti. Nel tessuto connettivo p.d. si distinguono i macrofagi fissi (o non attivati o non stimolati) e macrofagi migranti o liberi (o attivati), che sono la forma attiva della cellula fissa: i macrofagi attivati intervengono nei processi infiammatori. I macrofagi fissi sono tondeggianti, stellati o fusiformi, con citoplasma basofilo (abbondante reticolo endoplasmatico granulare), molti lisosomi; essendo privi di caratteri morfologici ben definiti, spesso è difficile distinguerli dai fibroblasti. Un metodo istologico usato per la distinzione è la colorazione vitale con coloranti colloidali, che sfrutta la proprietà fagocitaria dei macrofagi, di cui i fibroblasti sono privi. I macrofagi attivati possono migrare, mediante attivi movimenti ameboidi (per la comparsa di una membrana ondulante nella parte periferica del citoplasma) attraverso la sostanza fondamentale del tessuto connettivo, verso il luogo dell'infezione, dove sono attirati per chemiotassi; quando svolgono la loro attività fagocitaria sono riconoscibili per le grandi dimensioni e la presenza di materiale fagocitato, spesso pigmentato, nel loro citoplasma. Nel luogo dell'infezione è quindi possibile trovare macrofagi attivati in situ, macrofagi provenienti da sedi vicine, macrofagi originati da differenziamento di monociti provenienti dal sangue.
      4. Plasmacellule: derivano dai linfociti B (di cui sono considerate la forma matura ed attiva), sono cellule ovoidali o sferiche (diametro 10-20 µm nell'uomo), prive di prolungamenti, con citoplasma intensamente basofilo (abbondante reticolo endoplasmatico granulare); una piccola area citoplasmatica meno basofila, generalmente vicino al nucleo, rappresenta la regione dove sono localizzati l'apparato di Golgi ed i centrioli. Il nucleo è in posizione eccentrica e, nei mammiferi, contiene ammassi di cromatina condensata, disposti a raggiera attorno all’involucro nucleare, con una caratteristica disposizione a "ruota di carro". Le plasmacellule hanno scarsa mobilità e sono sprovviste di attività fagocitaria: la loro funzione è la sintesi e secrezione di anticorpi (immunoglobuline) per la distruzione di batteri e virus.
      5. Cellule pigmentate. Anche se presenti nel tessuto connettivo, queste cellule non sono vere cellule connettivali, in quanto non derivano dal mesenchima ma dalla cresta neurale, dalla quale migrano (durante la vita embrionale) verso la loro definitiva destinazione, dove sono in grado di moltiplicarsi . Nel derma cutaneo dei Mammiferi ed Uccelli sono presenti cellule pigmentate, i melanofori (nei Mammiferi chiamate melanociti), contenenti un pigmento nero o marrone (melanina) sotto forma di granuli citoplasmatici (melanosomi); queste cellule variano di numero a seconda degli individui e delle razze a cui appartengono. Sono cellule rotondeggianti, prive di prolungamenti, in cui non si verifica notevole aggregazione o dispersione dei granuli pigmentati: l'intensità di colorazione della cute può variare solo lentamente, in seguito a modificazione della sintesi di pigmento presente e all'intensità di trasferimento dei melanosomi nelle cellule epidermiche (cheratinociti). I melanofori sono le uniche cellule pigmentate presenti nei Mammiferi e negli Uccelli. Nella cute dei vertebrati inferiori (Rettili, Anfibi e Pesci) le cellule pigmentate prendono nomi di cromatofori, suddivisi in: melanofori (pigmenti neri o bruni), iridofori o leucofori (responsabili dell'iridescenza e del colore bianco), lipofori (xantofori con pigmenti gialli, eritrofori con pigmenti rossi). I melanofori sono dotati di prolungamenti fissi, nei quali i melanosomi possono essere addensati o dispersi, variando il colore della cute e dando l'impressione che i prolungamenti possano essere ritratti o espansi: i melanofori quindi possono convogliare la melanina sopra le altre cellule pigmentate, conferendo colorazione scura all'animale, oppure condensarla permettendo ai colori chiari e brillanti di emergere.
      Connettivi propriamente detti

      I criteri di classificazione del tessuto connettivo propriamente detto si fondano sulla quantità, qualità e disposizione delle fibre (collagene, reticolari, elastiche) presenti nella sostanza amorfa o fondamentale

      Il tessuto connettivo p.d. a sua volta è suddiviso in due sottoclassi: tessuto connettivo lasso e tessuto connettivo denso o compatto. Nel tessuto connettivo lasso le fibre sono meno abbondanti e lassamente intrecciate fra loro (con prevalenza della sostanza amorfa). Nel tessuto connettivo denso le fibre sono abbondanti e strettamente addensate (raccolte in grossi fasci paralleli o con disposizione irregolare e disordinata) e conferiscono notevole consistenza al tessuto.

      Il tessuto connettivo lasso si suddivide in:

      1. Tessuto muccoso maturo. Si trova nella polpa del dente e nel cordone ombelicale. Ha un aspetto molto simile al mesenchima embrionale in quanto la sostanza fondamentale è molto fluida; contiene fibre collagene (non presenti nel mesenchima) e fibroblasti.
      2. Tessuto fibrillare lasso. Forma la tonaca propria degli epiteli di rivestimento e la tonaca sottomucosa degli organi cavi comunicanti con l'esterno (apparato digerente, respiratorio, ecc.). Avvolge tutti gli organi, costituendo lo stroma o connettivo interstiziale. Forma la tonaca intima (assieme all'endotelio) e la tonaca avventizia delle arterie, la tonaca media ed avventizia delle vene (assieme a fibrocellule muscolari lisce). Circonda muscoli e nervi, penetra al loro interno circondando i fasci di fibre e le singole fibre. La sostanza fondamentale è abbondante, discretamente fluida, tra le fibre prevalgono quelle collagene, intrecciate a costituire larghe maglie; sono presenti cellule connettivali di ogni tipo e leucociti provenienti dal circolo sanguigno.
      3. Tessuto reticolare. Si trova, come tessuto di sostegno, in vari organi: emopoietici e linfoidi, ghiandole esocrine ed endocrine, fegato, milza, fibre nervose, fibre muscolari, rene. Nella sostanza amorfa c'è abbondanza di fibre reticolari.

      Il tessuto connettivo denso si suddivide in:

      1. Tessuto connettivo a fasci intrecciati. Si trova in particolare nel derma. Presenta scarse cellule (soprattutto fibroblasti) e scarsa sostanza fondamentale. Le fibre (prevalentemente collagene) sono raccolte in grossi fasci stipati, che possono avere andamento parallelo o disordinato.
      2. Tessuto connettivo fibroso: a fasci paralleli (nei tendini e legamenti), a fasci incrociati (nella sclerotica e nella cornea), lamellare (nei corpuscoli di Pacini)
      3. Tessuto connettivo elastico. Costituisce le membrane elastiche (membrane fenestrate) di tutte le arterie e la tonaca media delle grandi arterie. Si trova anche nei legamenti gialli delle vertebre, nelle corde vocali, nel legamento nucale. Le fibre elastiche sono prevalenti, presentano a occhio nudo un caratteristico colore giallastro (perché spesse e concentrate) e sono riunite in fasci paralleli
      Connettivi a costituzione cellulare

      Questi connettivi sono caratterizzati dalla presenza di scarsissima sostanza fondamentale tra le cellule.

      I connettivi a costituzione cellulare sono:

      1. l'endotelio
      2. il tessuto cordoide
      3. il tessuto adiposo (bianco e bruno).
      Tessuto cordoide

      Il tessuto cordoide è un tessuto di sostegno, a volte erroneamente classificato come tipo particolare di tessuto cartilagineo. Costituisce la corda dorsale (notocorda), presente durante lo sviluppo embrionale in tutti i Cordati; in alcuni vertebrati la corda dorsale può restare anche nell'individuo adulto, in rapporto con lo scarso sviluppo delle vertebre; nei Mammiferi si riduce rimanendo a costituire il nucleo polposo del disco intervertebrale. Nel tessuto cordoide è praticamente assente la sostanza fondamentale; le cellule, una accanto all'altra, sono voluminose e globose e risultano deformate per reciproca compressione; il citoplasma è scarso e confinato alla periferia della cellula assieme al nucleo. Le cellule contengono una notevole quantità di glicogeno (asportato nei comuni preparati istologici) che attira acqua, determinando il caratteristico turgore di queste cellule.

      Tessuto adiposo

      Il tessuto adiposo è costituito da cellule adipose o adipociti, spesso presenti, isolate o in piccoli gruppi, anche all'interno di altri tessuti (es. il tessuto muscolare, il midollo osseo rosso). Considerato a lungo come un tessuto metabolicamente inerte, la cui funzione era soltanto l'accumulo di grasso sotto forma di trigliceridi, attualmente è ritenuto un tessuto funzionalmente attivo, le cui cellule intervengono direttamente nella sintesi, accumulo e liberazione dei trigliceridi e sono in grado di produrre ormoni, che influenzano l'attività dell'intero organismo. Nei Mammiferi si distinguono due tipi di tessuto adiposo, che differiscono per il colore (quando osservati a fresco), i caratteri citologici, la distribuzione e l'attività funzionale: tessuto adiposo di formazione primaria o tessuto adiposo bruno o pluriloculare o multiloculare e tessuto adiposo di formazione secondaria o tessuto adiposo bianco o uniloculare o monoloculare.

      Tessuto adiposo bianco

      Il tessuto adiposo bianco è abbondante nel tessuto sottocutaneo (pannicolo adiposo), attorno ai reni, nei mesenteri, nel midollo osseo giallo, nelle regioni retroperitoneali, ascellari ed inguinali. Ha funzione di riserva energetica (sintetizzando ed immagazzinando trigliceridi, a partire da acidi grassi, lipoproteine e glucosio); idrolizza i trigliceridi accumulati e li riversa nel sangue (come acidi grassi liberi); ha funzione di isolante termico (pannicolo adiposo sottocutaneo); funziona da ammortizzatore meccanico in zone particolarmente sottoposte a pressione (es. piante del piede); produce ormoni e sostanze biologicamente attive.

      A fresco questo tessuto presenta una colorazione bianca o giallastra, a seconda della quantità dei pigmenti liposolubili presenti. E' vascolarizzato ed è formato da adipociti molto grandi, di diametro superiore a 100 µm, globosi, circondati da una rete di fibre reticolari, addossati gli uni agli altri con scarsa interposizione di sostanza intercellulare. La maggior parte del volume cellulare è occupato da un'unica goccia lipidica, non circondata da membrana, che sospinge il nucleo alla periferia della cellula, riducendo il citoplasma ad un sottile anello periferico (aspetto ad "anello con castone"). Nei preparati istologici in paraffina, poiché i trigliceridi sono solubilizzati dai solventi apolari (es. xilene) utilizzati per l'inclusione del campione, gli adipociti (osservati al MO) presentano uno spazio vuoto in corrispondenza della goccia lipidica, che si può quindi osservare "in negativo". E' possibile conservare i trigliceridi, congelando il tessuto e sezionandolo al criostato; il materiale lipidico può quindi essere evidenziato con coloranti specifici, quali i Sudan.

      Tessuto adiposo bruno

      Il tessuto adiposo bruno è presente solamente nei Mammiferi: nella specie umana, abbondante durante la vita fetale e neonatale, resta in tracce nell'adulto; è abbondante nell'adulto degli animali ibernanti, quali i pipistrelli, alcuni Insettivori (es. riccio), alcuni Roditori (es. criceto, marmotta). Nell'organismo è generalmente localizzato nella regione interscapolare, ascellare, lungo i grossi vasi sanguigni, attorno a rene e surrene. A fresco questo tessuto ha una colorazione scura, dovuta alla ricca vascolarizzazione ed alla presenza di citocromi nei numerosi e grandi mitocondri. Gli adipociti bruni sono di dimensioni inferiori rispetto agli adipociti bianchi e in sezione appaiono poligonali. All'interno dell'adipocita bruno, i lipidi sono distribuiti in numerose goccioline non avvolte da membrana ma libere nel citoplasma; di conseguenza il nucleo è in posizione centrale ed il citoplasma (più abbondante che nell'adipocita bianco) non è sospinto alla periferia della cellula. Il tessuto adiposo bruno è diviso in lobuli da sottili setti di tessuto connettivo. Rispetto al tessuto adiposo bianco possiede maggiore vascolarizzazione ed innervazione. Nelle sezioni istologiche allestite con la metodica in paraffina, presenta l'asportazione del materiale lipidico, come avviene nel tessuto adiposo bianco. Secondo studi recenti, è possibile la trasformazione degli adipociti bruni in adipociti bianchi (per unione delle gocciole lipidiche) e viceversa, a seconda della necessità metabolica dell'organismo. Negli adipociti bianchi l'idrolisi dei trigliceridi avviene in base alle richieste energetiche dell'organismo, mentre in quelli bruni avviene in risposta ad un abbassamento della temperatura corporea (ipotermia): negli animali ibernanti, quando la temperatura si abbassa troppo o al momento del risveglio, produce energia sotto forma di calore che, innalzando la temperatura del sangue, determina un rapido aumento della temperatura corporea (termogenesi). Negli organismi non ibernanti il tessuto adiposo bruno si attiverebbe in caso di eccessivo introito calorico alimentare (termogenesi post-prandiale) e quando questi organismi restano esposti per lungo tempo ad ambiente freddo si avrebbe la trasformazioni degli adipociti bianchi in adipociti bruni, al fine di mantenere stabile il bilancio energetico corporeo.

      Cartilagine

      La cartilagine è una forma specializzata di tessuto connettivo, con funzioni di sostegno e di protezione. Forma lo scheletro dei Vertebrati durante la vita embrionale ed è sostituita nell'individuo adulto dal tessuto osseo. Fanno eccezione i pesci cartilaginei (Condroitti), nei quali anche durante la vita adulta è presente uno scheletro cartilagineo, quasi del tutto calcificato.

      Gli elementi istologici del tessuto cartilagineo sono i condroblasti, i condrociti ed i condroclasti. La cartilagine è rivestita dal pericondrio (tessuto connettivo fibroso compatto), in cui sono presenti i vasi sanguigni per il nutrimento della cartilagine. La cartilagine non è né vascolarizzata né innervata ed è nutrita per diffusione di sostanze attraverso la matrice. I condroblasti derivano dalle cellule mesenchimali e sono in grado di dividersi e sintetizzare i vari costituenti della sostanza fondamentale. Con l'aumento della sostanza intercellulare prodotta, le cellule, inizialmente vicine fra loro, si allontanano, restando incluse nella matrice sintetizzata, all'interno di cavità (lacune cartilaginee); la loro capacità di sintesi e di divisione divengono meno intense e le cellule si trasformano in condrociti. I condrociti all'interno delle lacune formano piccoli gruppi (gruppi isogeni), derivanti dalla divisione di un unico condroblasto e continuano a dividersi e ad elaborare la matrice fino a quando, schiacciate dalla matrice da essi prodotta, smettono di dividersi ed entrano in quiescenza. I condroblasti sono cellule globose, con nuclei piccoli e citoplasma basofilo (per la presenza di molti ribosomi), nel quale sono spesso ritrovabili gocce lipidiche e glicogeno. I condroclasti sono grossi sincizi della famiglia dei monociti-macrofagi, con attività fagocitaria, deputati alla demolizione del tessuto cartilagineo. La cartilagine si forma con due diverse modalità di accrescimento: interstiziale e per apposizione. L'accrescimento interstiziale è quello che avviene all'interno della cartilagine, per divisione dei condroblasti e dei condrociti. L'accrescimeno per apposizione avviene dall'esterno verso l'interno della cartilagine, ad opera del pericondrio. Il pericondrio presenta, sul lato a contatto con la cartilagine, uno strato di cellule (strato condrogenico) che si moltiplicano e si differenziano in condroblasti.

      La matrice della cartilagine è formata da una parte amorfa e da una parte fibrillare. La sostanza fondamentale amorfa è ricca di acqua (fino a 85% in individui giovani), glicosaminoglicani e glicoproteine, responsabili rispettivamente del fenomeno della metacromasia con il blu di toluidina e della positività alla reazione P.A.S. La parte fibrillare è costituita da fibre collagene e, nella cartilagine elastica, anche da numerose fibre elastiche. La cartilagine è distinta in tre tipi, ialina, elastica e fibrosa, in base all'abbondanza relativa della sostanza amorfa e delle fibre che vi sono incluse.

      Cartilagine ialina

      E' il tipo più diffuso di cartilagine, nell'embrione e nel feto costituisce gran parte dello scheletro. Nei mammiferi adulti riveste le superfici articolari, forma le cartilagini costali, gli anelli tracheali, gran parte delle cartilagini laringee, dei bronchi e del naso. Con il MO si distingue dagli altri tipi di cartilagine perché la sostanza intercellulare appare priva di fibre: la sostanza amorfa ha lo stesso indice di rifrazione delle fibre collagene e pertanto le maschera, per osservare le fibre occorre usare il microscopio polarizzatore. Colorata con coloranti acidi e basici, la cartilagine, specie quella matura, presenta aree con colorazione non uniforme: la zona attorno alle cellule e tra due cellule contigue (capsula) è intensamente basofila, più esternamente c'è una regione meno basofila (area territoriale interna); all'esterno di questa c'è un'area molto acidofila (area territoriale esterna), ancora più all'esterno c'è un'area meno acidofila (area interterritoriale). Le aree basofile sono caratterizzate da forte quantità di sostanza intercellulare amorfa, quelle acidofile sono più ricche di fibre collagene.

      Tipi particolari di cartilagine ialina sono la cartilagine articolare e la cartilagine metafisaria o seriata o di accrescimento, presente al confine tra diafisi ed epifisi nelle ossa lunghe in accrescimento.

      Cartilagine fibrosa

      La cartilagine fibrosa è una forma di transizione tra il tessuto connettivo denso e la cartilagine ialina, caratterizzata da spessi fasci di fibre collagene, immersi in una scarsa matrice cartilaginea. I condrociti, poco numerosi, isolati tra le fibre collagene o allineati in fila tra i fasci di fibre, sono circondati dalla matrice territoriale, scarsa la matrice interterritoriale. I fasci di fibre collagene sono ben visibili con il MO; possono essere intrecciati irregolarmente oppure orientati lungo linee secondo cui agiscono forze di trazione, questo conferisce un ordinamento caratteristico anche ai condrociti, che appaiono impilati tra i fasci di fibre. La cartilagine fibrosa non possiede pericondrio ma è sempre associata a tessuto connettivo denso ed inizia dove il tessuto connettivo denso comincia ad avere un'apprezzabile quantità di matrice interposta tra le fibre collagene. Si riscontra nei dischi intervertebrali, nella sinfisi pubica, nelle zone di inserzione tra tendini ed osso, in vari menischi articolari.

      Cartilagine elastica

      La cartilagine elastica ha una distribuzione più limitata rispetto alla cartilagine ialina: è presente nel condotto uditivo esterno, nel padiglione auricolare, nelle tube uditive, nella laringe, nell'epiglottide, in parte del naso. La matrice extracellulare contiene, oltre alle fibre collagene, abbondanti fibre elastiche. Le cellule sono globose e contengono spesso una notevole quantità di lipidi nel citoplasma. I condrociti della cartilagine elastica sono più voluminosi e più numerosi di quelli della cartilagine ialina. La cartilagine elastica calcifica molto raramente.

      Tessuto osseo

      Generalità

      Il tessuto osseo è una forma specializzata di tessuto connettivo, caratterizzata dalla mineralizzazione della matrice extracellulare, che conferisce al tessuto durezza e resistenza. Costituisce la maggior parte dello scheletro dei Vertebrati. Ha funzione di sostegno, di protezione degli organi interni, di immagazzinamento di sali minerali. Gli elementi istologici del tessuto osseo sono: osteoblasti, osteociti ed osteoclasti. Osteoblasti: responsabili della produzione della matrice extracellulare, sono cellule piuttosto grandi, cuboidali, citoplasma basofilo, nucleo eucromatico, nucleolo evidente (per l'elevata attività di sintesi proteica); sono situate sulla superficie del tessuto osseo in via di deposizione. Osteociti: derivano dagli osteoblasti quando questi restano intrappolati nella matrice ossea e sono cellule meno attive dei loro precursori; presentano una forma appiattita, a mandorla, e sono provvisti di numerosi e sottili prolungamenti: il corpo cellulare è ospitato all'interno di una cavità detta lacuna ossea, i prolungamenti nei canalicoli ossei. Il citoplasma è debolmente basofilo, il nucleo è eterocromatico (bassa attività di sintesi proteica). Sono cellule quiescenti, tipiche dell'osso maturo che ha completato il suo sviluppo. Osteoclasti: sono grossi sincizi (diametro 20-100 µm) multinucleati (contenenti alcune decine di nuclei), derivano dalla fusione di monociti e sono i responsabili del riassorbimento del tessuto osseo. Sono localizzati nelle lacune di Howship, cavità derivate dalla loro azione erosiva. La matrice extracellulare è costituita da componenti organici (osteoide) ed inorganici; l'osteoide presenta numerose fibre collagene, che la rendono fortemente eosinofila, e da sostanza amorfa in cui sono presenti proteine, proteoglicani ed acido ialuronico, responsabili della PAS-positività. Tra i componenti inorganici il sale più abbondante è il fosfato di calcio presente in forma di cristalli aghiformi di idrossiapatite.

      Il tessuto osseo si classifica sulla base della disposizione delle fibre collagene in:

      1. tessuto osseo "a fasci intrecciati": le fibre collagene hanno disposizione intrecciata, cioè irregolare; è il tipo di osso più primitivo; è sempre l’osso di prima deposizione, sia nel periodo fetale sia nella riparazione delle fratture (callo osseo).
      2. tessuto osseo "a fasci paralleli": le fibre collagene sono parallele fra loro.
      3. tessuto osseo "lamellare": costituito da lamelle ossee, strutture in cui le fibre collagene, cementate da sostanza amorfa, sono tutte parallele. In lamelle vicine l'orientamento delle fibre varia. E' il tessuto osseo più evoluto. Il tessuto osseo lamellare può essere di tipo spugnoso o compatto. Tessuto osseo lamellare spugnoso: le lamelle, parallele, costituiscono le trabecole; fra le trabecole è presente il midollo osseo rosso (tessuto emopoietico, con vasi sanguigni e spazi sinusoidali). Tessuto osseo lamellare compatto: le lamelle sono disposte concentricamente attorno al canale di Havers (lamelle + canale di Havers = osteone o sistema haversiano); fra i canali haversiani si può osservare la breccia, residuo dell’erosione di osteoni precedentemente deposti. Le ossa sono rivestite da una membrana connettivale molto vascolarizzata, il periostio, assente a livello delle superfici articolari e nelle zone di inserzione di tendini e legamenti. Lo strato più interno del periostio contiene cellule staminali in grado di differenziarsi in osteoblasti . La cavità midollare della diafisi è rivestita da uno strato di cellule connettivali pavimentose, l'endostio, che riveste anche i canali di Havers ed i canali di Volkmann (che mettono in comunicazione i diversi canali di Havers).

      La diafisi delle ossa lunghe, il tavolato delle ossa piatte e la superficie delle ossa brevi sono costituite da tessuto osseo lamellare compatto, le epifisi delle ossa lunghe, la diploe delle ossa piatte, la parte interna delle ossa brevi sono costituite da tessuto osseo lamellare spugnoso, tra le cui trabecole è contenuto il midollo osseo rosso (tessuto ematopoietico). Nella cavità midollare delle diafisi delle ossa lunghe è contenuto il midollo osseo giallo (contenente prevalentemente adipociti) che è privo di attività emopoietica.

      Tessuto osseo a fasci intrecciati

      Il tessuto osseo a fasci intrecciati presenta fibre collagene disposte in modo non ordinato; è il tessuto osseo più primitivo, quello di prima deposizione e quello che si forma per la riparazione di fratture; viene generalmente sostituito da tessuto osseo di tipo più evoluto.

      Tessuto osseo lamellare

      Il tessuto osseo lamellare forma lo scheletro adulto dei mammiferi. Ogni lamella è formata da fibre collagene disposte parallelamente tra loro cementate da sostanza amorfa; tra le varie lamelle sono presenti lacune, contenenti gli osteociti. Le lamelle, disposte parallelamente, costituiscono le trabecole nel tessuto osseo lamellare spugnoso; sono disposte concentricamente a formare gli osteoni nel tessuto osseo lamellare compatto.

      Ossificazione

      Il processo di ossificazione può essere di due tipi:

      1. ossificazione diretta o da membrana o intramembranosa
      2. ossificazione indiretta o per sostituzione di modello cartilagineo.
      Ossificazione diretta o da membrana. Dove: in gran parte delle ossa del cranio, a partire da strutture mesenchimali o connettivali. All'interno del mesenchima compare un addensamento (centro di ossificazione) di fibre collagene, si formano nuovi vasi, le cellule mesenchimali si moltiplicano e si evidenziano gli osteoblasti. Gli osteoblasti elaborano sostanza osteoide, costituita da sostanza intercellulare amorfa e da fibre collagene. L’elaborazione della sostanza osteoide (attorno a ciascun osteoblasto) è seguita dal processo di calcificazione; si formano aree calcificate per deposito di cristalli di idrossiapatite sulle fibre collagene. Successivamente le diverse aree calcificate confluiscono: gli osteoblasti restano inglobati nella sostanza fondamentale calcificata, trasformandosi in osteociti. Le prime trabecole ossee che si formano delimitano spazi contenenti tessuto mesenchimale, cellule mesenchimali e cellule di tipo ematopoietico; con la deposizione di nuovo tessuto osseo le trabecole ossee aumentano di spessore riducendo l'ampiezza degli spazi interposti. Le prime trabecole formate vengono, in parte, subito distrutte dagli osteoclasti e si forma nuovo tessuto osseo. La distruzione ed il riassorbimento avvengono per opera di caratteristici elementi istologici plurinucleati, gli osteoclasti, sincizi derivanti dai monociti. Il mesenchima che circonda l’osso formatosi darà origine al periostio. Il tessuto osseo di prima deposizione è sempre organizzato da tessuto osseo non lamellare, potrà, in seguito ai processi di rimaneggiamento, essere sostituito da tessuto osseo lamellare; nei vertebrati non mammiferi l'osso a fasci intrecciati può essere presente anche negli adulti. Ossificazione indiretta o per sostituzione di modello cartilagineo. Dove: tipica degli arti (ossa lunghe), delle coste toraciche (o. piatte), delle vertebre (o. corte). Per comodità didattiche si usa come modello di studio l’osso lungo degli arti. Esistono 2 modalità di ossificazione indiretta: ossificazione pericondrale, solo nella diafisi, ossificazione encondrale o endocondrale, nella diafisi e nelle epifisi. Diafisi: ossificazione pericondrale ed ossificazione encondrale. O. pericondrale. Inizia a livello diafisario: il pericondrio (nel tratto periferico mediano della diafisi) inizia a presentare una ricca vascolarizzazione, le cellule osteogene (derivanti dal pericondrio) si differenziano in osteoblasti che iniziano ad elaborare la sostanza fondamentale dell’osso. Si forma un astuccio diafisario di tessuto osseo attorno al modello cartilagineo. Tale astuccio in seguito si ispessisce e l’ossificazione procede verso le epifisi, senza raggiungerle (finché l’osso continua a crescere in lunghezza). O. encondrale. Mentre precede la formazione dell’astuccio osseo diafisario (o. pericondrale), nella zone mediana (sottostante il pericondrio) della diafisi le cellule cartilaginee divengono ipertrofiche mentre dal pericondrio che circonda la cartilagine diafisaria penetrano vasi, che portano osteoblasti, osteoclasti, condroclasti e cellule del tessuto ematopoietico (che formeranno il midollo osseo rosso): le lacune cartilaginee aumentano di dimensioni, la matrice cartilaginea si assottiglia e quella che rimane inizia a calcificare. Restano aree isolate di cartilagine alterata, sulle quali gli osteoblasti iniziano a deporre il tessuto osseo. In seguito la cartilagine scompare completamente, sostituita dal tessuto osseo a fasci intrecciati. Quando l’astuccio osseo diafisario è ben formato, nella parte centrale della diafisi può prevalere il processo di erosione sul processo di deposizione (di tessuto osseo) e si forma una cavità che, ampliandosi, darà origine alla cavità midollare dell’osso. Durante l’accrescimento la diafisi resta separata, mediante una regione di tessuto cartilagineo (cartilagine di accrescimento) dalle 2 epifisi. Episi: ossificazione encondrale. Inizia in un tempo successivo alla ossificazione encondrale diafisaria. Nella parte centrale di ciascuna epifisi avviene lo stesso processo di ossificazione encondrale che avviene nella diafisi. Sulla superficie esterna delle epifisi resta sempre un rivestimento di cartilagine (c. articolare) priva di pericondrio. Riassumendo, cronologicamente si ha: o. pericondrale della diafisi, o. encondrale della diafisi, o. encondrale delle epifisi. In questo momento nell’osso lungo si hanno quindi: nelle epifisi 2 centri di o. encondrale (1 per ciascuna), nella diafisi 1 centro di o. pericondrale ed 1 centro di o. encondrale. I centri di o. encondrale, delle epifisi e della diafisi, sono separati da una zona di tessuto cartilagineo (cartilagine di accrescimento o disco epifisario) che resta durante la crescita e che costituisce, assieme alla parte di diafisi ad esso adiacente, la zona di accrescimento (in lunghezza) dell’osso lungo. La direzione della cartilagine di accrescimento è dall'epifisi verso la diafisi: epifisi, c. ialina (cellule più giovani), c. seriata (cellule in attiva moltiplicazione che, per la disposizione delle fibre collagene e la presenza dell’astuccio osseo diafisario, non possono spostarsi lateralmente), c. ipertrofica, c. in degenerazione (calcificata), prime trabecole ossee, diafisi. Riassumendo: la cartilagine cresce, matura e degenera dalla epifisi verso la diafisi, mentre il fronte di ossificazione procede in senso inverso, dalla diafisi verso l'epifisi. Attenzione: la cartilagine NON SI TRASFORMA MAI in tessuto osseo, anche se calcifica, ma viene SOSTITUITA da tessuto osseo. Il tessuto osseo è soggetto a continuo rimaneggiamento, ad opera degli osteoblasti e degli osteoclasti, che inizia subito dopo la sua prima deposizione, nell’embrione, fino alla morte dell’individuo. Nell’embrione gli osteoblasti derivano da cellule mesenchimali, nell’adulto derivano dalla divisione di altri osteoblasti. Dentina

      Il dente dei mammiferi è costituito dalla corona (dentina rivestita da smalto, che non è un tessuto osseo ma un tessuto di derivazione epiteliale), dalla radice (dentina rivestita da cemento, che è un particolare tipo di tessuto osseo) e dalla polpa del dente (formata da tessuto connettivo muccoso maturo). La dentina è un tipo particolare di tessuto osseo, da cui si differenzia per alcune caratteristiche:

      1. la dentina, prodotta dagli odontoblasti, non è soggetta a rimodellamento come il tessuto osseo; gli odontoblasti continuano a produrre dentina, seppure lentamente, anche nell'individuo adulto
      2. gli odontoblasti sono cellule dotate di polarità e producono dentina solo dal lato rivolto verso lo smalto (elaborato dagli adamantoblasti o ameloblasti), rimanendo all'esterno della dentina. I prolungamenti degli odontoblasti (processi odontoblastici o fibre di Tomes) restano all'interno della dentina, alloggiati in canalicoli (tubuli dentinali).
      3. La dentina è più dura del tessuto osseo lamellare compatto. Il processo di calcificazione avviene in ritardo rispetto alla deposizione della sostanza fondamentale amorfa e delle fibre collagene ed i cristalli di idrossiapatite formano sferule che si fondono e si depongono nella sostanza fondamentale (costituendo i globuli dentinali). La calcificazione non avviene in modo uniforme in tutta la dentina e permangono aree poco o nulla calcificate.
      4. la dentina è priva di vascolarizzazione
      Sangue

      Il sangue è una particolare tipo di tessuto connettivo, costituito da una componente corpuscolata (elementi figurati) sospesi in una componente liquida, paragonabile alla matrice extracellulare. Per l'analisi istologica degli elementi figurati non si usano sezioni ma si fanno strisci su vetrino portaoggetto, che vengono poi generalmente fissati e colorati con il metodo di May Grünwald-Giemsa. Dal punto di vista fisico il sangue possiede le proprietà di un fluido, che si sposta in un sistema chiuso (apparato circolatorio) tramite l'energia fornita dalla contrazione del cuore.

      La parte fluida del sangue è il plasma, una soluzione acquosa contenente circa il 90% di acqua, proteine, componenti organici di natura diversa dalle proteine, componenti inorganici. Il plasma è in continuo scambio con i liquidi presenti nei tessuti.

      Gli elementi figurati del sangue sono:

      1. i globuli rossi o eritrociti o emazie
      2. i globuli bianchi o leucociti
      3. le piastrine (nei Mammiferi) ed i trombociti (nei non Mammiferi).

      Gli eritrociti sono le cellule più abbondanti nel sangue, specializzate nel trasporto dei gas respiratori; hanno dimensioni ridotte (diametro 7,5-8 µm), sono eosinofili per la presenza di emoglobina (proteina basica) citoplasmatica. Nei Mammiferi gli eritrociti sono anucleati, discoidali, biconcavi (ad eccezione dei Camelidi in cui la forma è elissoidale). Nei non Mammiferi sono nucleati, ellissoidali, biconvessi. Sulla membrana degli eritrociti sono presenti antigeni, costituiti da residui glucidici legati alle proteine ed ai lipidi di membrana, che determinano i diversi gruppi sanguigni.

      I leucociti comprendono tipi cellulari diversi: i granulociti (o polimorfonucleati) che si suddividono in neutrofili, eosinofili o acidofili, basofili; i linfociti; i monociti. I leucociti svolgono la loro funzione al di fuori del circolo sanguigno. La descrizione seguente delle caratteristiche dei leucociti si riferisce alla specie umana.

      1. Granulociti neutrofili: sono la componente cellulare più abbondante dei leucociti (50-70%), presentano attività fagocitaria (fagociti polimorfonucleati). Presentano un diametro di 10-12 µm. Nel citoplasma si osservano numerosissimi granuli di piccole dimensioni, con scarsa affinità per i coloranti , sia acidi che basici. Il nucleo è multilobato e ben visibile: nei neutrofili degli individui di sesso femminile è presente una masserella di eterocromatina (corpo di Barr o drumstick=bacchetta di tamburo) unita al nucleo mediante un sottile e corto peduncolo; questa particolare eterocromatina corrisponde al cromosoma X inattivatosi durante lo sviluppo embrionale.
      2. Granulociti eosinofili (o acidofili): costituiscono il 2-4% dei leucociti, di cui meno dell'1% circola nel sangue, la parte restante localizzata nel midollo osseo rosso e nei tessuti. La loro attività si esplica principalmente nei confronti delle infestioni parassitarie. Presentano un diametro di 12 µm. Il citoplasma è ricco di grossi granuli acidofili, che si evidenziano quindi bene con l'eosina. Il nucleo è generalmente bilobato (con i lobi collegati da un sottile segmento di cromatina).
      3. Granulociti basofili: rappresentano lo 0,5-1% dei leucociti, sono responsabili della ipersensibilità immediata (anafilassi, asma, orticaria, ecc.). Presentano un diametro di circa 10 µm. Nel citoplasma sono presenti voluminosi granuli (più grandi, ma meno numerosi rispetto ai granuli degli eosinofili), contenenti glicosaminoglicani acidi solforati (tra cui eparina), responsabili dell'intensa colorazione basofila e metacromatica. Il nucleo è bilobato o reniforme, sovente solo parzialmente visibile perché mascherato dai grossi granuli.
      4. Linfociti: rappresentano il 20-30% dei leucociti e sono quelli a dimensione inferiore, benché variabile: piccoli linfociti i più numerosi (diametro 6-9 µm) e grandi linfociti (diametro 9-15 µm). Sono la componente fondamentale del sistema immunitario in quanto riconoscono gli antigeni estranei e svolgono le principali funzioni effettrici (linfociti B, T e NK). Sono dotati di movimento ameboide e della capacità di attraversare i vasi sanguigni e linfatici (diapedesi). Il nucleo è sferico ben evidente ed occupa la maggior parte del volume cellulare. Il citoplasma è piuttosto ridotto, circonda il nucleo in un sottile alone leggermente basofilo e con rare granulazioni azzurrofile.
      5. Monociti: rappresentano il 3-8% dei leucociti e quelli circolanti nel sangue periferico sono i precursori dei macrofagi tissutali (fagociti mononucleati). Tra i leucociti sono le cellule di dimensioni maggiori: diametro 12-18 µm. Il nucleo, in posizione eccentrica, è voluminoso e generalmente reniforme; nel citoplasma sono visibili alcuni granuli azzurrofili di piccole dimensioni.

      Le piastrine (presenti nei Mammiferi) sono elementi corpuscolati che derivano dalla frammentazione citoplasmatica dei megacariociti. Esse non sono quindi cellule, bensì frammenti cellulari, privi di nucleo ma dotati di membrana plasmatica, di dimensioni 1,5-3,5 µm. Hanno forma sferica o elissoidale e presentano una zona centrale colorata ed una zona periferica meno colorata. Partecipano ai fenomeni dell'emostasi (meccanismo diretto a chiudere la lesione formatasi nella parete vasale) e della coagulazione (formazione del coagulo o tappo piastrinico). Nei Vertebrati non Mammiferi sono presenti i trombociti, vere e proprie cellule, dotate di nucleo grande e centrale. I trombociti hanno una funzione simile a quella delle piastrine ma non derivano dalla frammentazione dei megacariociti.

      Tessuto Muscolare

      Il tessuto muscolare è specializzato nella contrazione.

      Si distinguono: il tessuto muscolare liscio (costituisce la componente contrattile dei visceri, della parete dei vasi, involontaria), il tessuto muscolare striato scheletrico (costituisce la muscolatura volontaria), il tessuto muscolare striato cardiaco (costituisce il muscolo cardiaco)

      Tessuto muscolare striato

      Ci sono due tipi di tessuto muscolare striato, lo scheletrico ed il cardiaco, che differiscono per localizzazione anatomica, innervazione, caratteristiche delle unità istologiche che li costituiscono.

      Tessuto muscolare striato scheletrico

      L'unità istologica del tessuto muscolare scheletrico è la fibra muscolare, un sincizio di forma cilindrica, arrotondato alle estremità. La fibra muscolare striata scheletrica è delimitata dalla membrana plasmatica (sarcolemma); al suo interno presenta il citoplasma (sarcoplasma), numerosi nuclei, organuli, le miofibrille (le strutture specializzate nella contrazione). La fibra può raggiungere la lunghezza di diversi centimetri. I nuclei (da pochi a migliaia) sono disposti nella periferia del sincizio, a ridosso del sarcolemma; in alcuni casi (fibre torbide, fibre muscolari dei Mammiferi durante lo sviluppo embrionale, fibre muscolari di molti Vertebrati non Mammiferi), sono in posizione centrale. Il tessuto muscolare striato scheletrico, con la componente connettivale associata, forma i muscoli scheletrici, o volontari, in quanto la loro contrazione avviene sotto il controllo del sistema nervoso centrale. Ogni fibra muscolare presenta una struttura superficiale specializzata (placca motrice) che rappresenta il punto di collegamento con un neurone motore. La componente connettivale è costituita dall'endomisio (che riveste le singole fibre muscolari), dal perimisio (che riveste fascetti di fibre), dall'epimisio (che riveste l'intero muscolo). Nel connettivo sono presenti numerosi vasi sanguigni. Ogni fibra muscolare striata scheletrica presenta una terminazione nervosa (giunzione neuromuscolare).

      Il termine fibra muscolare "striata" deriva dal fatto che, anche nei preparati di microscopia ottica, è possibile osservare una tipica bandeggiatura trasversale, dovuta alla bandeggiatura delle miofibrille, in cui si alternano regolarmente dischi chiari e dischi scuri, ed alla loro disposizione perfettamente parallela ed in registro.

      Tessuto muscolare striato cardiaco

      E' costituito da cellule contrattili di forma cilindrica (cardiomiociti), generalmente ramificate alle estremità; tra le cellule è presente tessuto connettivo, in cui si trovano i vasi. Le cellule sono connesse a livello delle loro estremità (non lungo le superfici laterali) mediante strutture dette strie scalariformi o dischi intercalari. Il nucleo (uno, al massimo due) è in posizione centrale. Nel citoplasma sono presenti miofibrille parallele tra loro, separate da una discreta quantità di sarcoplasma, più abbondante che nelle fibre muscolari striate scheletriche. Le miofibrille presentano la caratteristica bandeggiatura trasversale; la striatura trasversale delle cellule cardiache risulta meno evidente di quella delle fibre muscolari striate scheletriche, poiché le miofibrille non sono perfettamente in registro tra loro; è più evidente invece una striatura longitudinale perchè le miofibrille sono separate da più sarcoplasma.

      Tessuto muscolare liscio

      Le fibrocellule muscolari lisce sono cellule di forma affusolata. Hanno un solo nucleo in posizione centrale, nella porzione più allargata della cellula. Nel citoplasma non sono presenti miofibrille; non si osserva quindi alcuna bandeggiatura. Le fibrocellule si dispongono con la porzione rigonfia di una cellula a ridosso della porzione più sottile della cellula accanto (ad embrice); possono essere organizzate a formare fascetti, immersi in più o meno abbondante tessuto connettivo, oppure essere associate a formare spesse lamine, in cui le cellule sono l'una vicina all'altra.

      Tessuto Nervoso

      Il tessuto nervoso è formato dai neuroni (cellule eccitabili) e da cellule non eccitabili, che nel loro insieme costituiscono la glia (o neuroglia o nevroglia) con funzioni di sostegno, nutrizione, di facilitazione nella conduzione dell'impulso nervoso.

      I neuroni sono cellule con forma e dimensioni molto variabili. Presentano un corpo cellulare e prolungamenti di diverso tipo. Il corpo cellulare o pirenoforo o soma o pericarion, è generalmente di grandi dimensioni; il nucleo nei grossi neuroni è eucromatico, con nucleolo evidente. I prolungamenti sono distinti in ortofiti (dendriti e assoni) e parafiti (questi ultimi presenti solo in casi particolari). Generalmente l'assone (o neurite) è singolo e si diparte dal pirenoforo con un cono di emergenza (un piccolo cono che si restringe bruscamente) per poi proseguire senza variare di calibro; l'assone può essere anche molto lungo e generalmente si ramifica solo all'estremità; gli eventuali rami collaterali si staccano ad angolo retto in corrispondenza dei nodi di Ranvier. I dendriti sono generalmente multipli ed emergono da vari punti del pirenoforo, sono più brevi dell'assone e si ramificano ripetutamente assottigliandosi progressivamente; la loro superficie presenta le caratteristiche spine dendritiche (sinapsi). Nei neuroni di dimensioni elevate, con assone molto lungo e privi di dendriti (es. cellule dei gangli spinali di vertebrati di grossa mole corporea) esiste un altro tipo di prolungamenti, i parafiti, che servono ad aumentare la superficie del neurone favorendo gli scambi nutritizi.

      I neuroni possono essere distinti in omeopodi (con un solo tipo di prolungamento) ed eteropodi (con più tipi di prolungamenti); unipolari (con un solo prolungamento), bipolari (con due prolungamenti), multipolari (con numerosi prolungamenti); tra i neuroni bipolari si hanno quelli oppositopolari, in cui i prolungamenti si dipartono dai poli opposti del corpo cellulare. Nei neuroni pseudounipolari (cellule a T) dal pirenoforo si diparte un unico prolungamento, che però presto si biforca in due prolungamenti con significato l'uno di assone, l'altro di dendrite.

      I neuroni si possono colorare con l'impregnazione argentica che evidenzia corpo cellulare e prolungamenti. Utilizzando invece coloranti basici si osserva la sostanza tigroide o zolle di Nissl, che corrisponde ad aree fortemente basofile per la presenza di ribosomi liberi ed associati alle membrane del reticolo endoplasmatico. Le zolle di Nissl sono osservabili nel corpo cellulare e nella porzione più prossimale dei dendriti, mentre sono assenti nell'assone e nel suo cono di emergenza. Le colorazioni con coloranti basici non evidenziano quindi l'assone.

      La neuroglia può essere distinta in microglia e macroglia; la macroglia comprende astrociti, oligodendrociti, cellule ependimali e cellule di Schwann.

      Le cellule della microglia appartengono al sistema dei monociti-macrofagi, sono piccole e poco numerose in condizioni normali, aumentano di numero nelle sedi di lesioni del tessuto nervoso. Presentano nuclei di dimensioni ridotte, scarso citoplasma e numerosi fini prolungamenti molto ramificati. Gli astrociti sono la categoria più numerosa delle cellule della nevroglia, presentano forma stellata, con prolungamenti lunghi e molto ramificati, svolgono funzione trofica nei confronti dei neuroni, permettendo gli scambi nutritizi tra i neuroni ed il sangue. Gli oligodendrociti possono avere dimensioni variabili; generalmente presentano numerosi prolungamenti ramificati, piuttosto corti; nel sistema nervoso centrale ciascun oligodendrocita con i suoi prolungamenti può avvolgere decine di assoni, formandone la guaina mielinica. Le cellule ependimali hanno forma cubica o cilindrica e sono fittamente addossate le une alle altre a formare un rivestimento monostratificato che tappezza le cavità dell'encefalo (ventricoli cerebrali) e del midollo spinale (canale centrale). Le cellule di Schwann sono presenti solo nel sistema nervoso periferico, dove rivestono gli assoni, formando la guaina mielinica. Ogni cellula di Schwann riveste un internodo di un assone.

      Tipi di neuroni

      I neuroni sono cellule specializzate per: la ricezione di stimoli diversi, la loro trasduzione (trasformazione degli stimoli in impulsi nervosi), l'elaborazione degli impulsi nervosi e la loro conduzione (propagazione dell'impulso lungo la membrana del neurone), la trasmissione dell'impulso ad altre cellule. Dal punto di vista funzionale i neuroni si possono raggruppare in tre categorie: neuroni sensoriali (specializzati nel ricevere i diversi tipi di stimoli), neuroni effettori o motoneuroni (trasmettono l'impulso effettore ad elementi contrattili, ghiandolari, ecc.), neuroni di associazione o interneuroni (trasmettono l'impulso nervoso da un neurone all'altro).

      La maggior parte dei neuroni sono multipolari, cioè con un unico assone e molti dendriti (es. le cellule piramidali della corteccia cerebrale e le cellule del Purkinje del cervelletto). I neuroni unipolari, provvisti dell'assone ma privi di dendriti, sono molto rari nell'adulto, si trovano principalmente nell'embrione. I neuroni bipolari possiedono un assone ed un dendrite che si staccano dai poli opposti del pirenoforo (neuroni oppositopolari), si trovano nella retina, nell'epitelio della mucosa olfattiva, nei gangli vestibolare e cocleare. I neuroni pseudounipolari sembrano presentare un solo tipo di prolungamento: derivano da un neurone oppositopolare in cui i due prolungamenti si fondono per formarne uno solo, che dopo un breve tratto si divide a T, un ramo diretto alla periferia ed uno al sistema nervoso centrale (es. i neuroni gangliari). Molti neuroni presentano, nel citoplasma, granuli di pigmento di colore scuro: si tratta di lipofuscine e di neuromelanina. La neuromelanina è presente normalmente in alcuni neuroni cerebrali (es. nei neuroni del locus coeruleus e locus niger). Questi neuroni non sono pigmentati al momento della nascita, la pigmentazione compare nel corso della maturazione. Il carattere funzionale della neuromelanina ancora non è del tutto noto. La lipofuscina consiste in un accumulo di molecole (soprattutto lipidiche) di materiale non degradabile e non eliminabile per esocitosi: è correlato a fenomeni di invecchiamento cellulare, un accumulo abnorme conduce a malattie neurodegenerative. Glia

      Alle cellule della glia, nel loro insieme, si riconoscono le seguenti funzioni: sostegno dei pirenofori e delle loro arborizzazioni, partecipazione alla mielinizzazione delle fibre nervose; funzione di "isolante" nei confronti di neuroni e fibre nervose; intervento nella riparazione delle lesioni (proliferando e sostituendo i neuroni distrutti); funzioni trofiche; partecipazione indiretta alla trasmissione dell'impulso nervoso (immagazzinando e cedendo mediatori chimici). La neuroglia può essere distinta in microglia e macroglia; la macroglia comprende astrociti, oligodendrociti, cellule ependimali e cellule di Schwann.

      Le cellule della microglia appartengono al sistema dei monociti-macrofagi, sono piccole e poco numerose in condizioni normali, aumentano di numero nelle sedi di lesioni del tessuto nervoso. Presentano nuclei di dimensioni ridotte, scarso citoplasma e numerosi fini prolungamenti molto ramificati; sono dotate di fagocitosi.

      Gli astrociti sono la categoria più abbondante delle cellule della nevroglia e quasi la metà delle cellule contenute nel cervello. Presentano forma stellata, con prolungamenti lunghi e ramificati (gliofilamenti). Sono collegati con altri astrociti, con altre cellule della glia e con i neuroni. Svolgono funzione trofica nei confronti dei neuroni, permettendo gli scambi nutritizi tra i neuroni ed il sangue, in quanto alcuni dei gliofilamenti, tramite piccole espansioni terminali a forma di pedicello, si connettono con i capillari. Gli astrociti, formando uno strato cellulare continuo, aiuterebbero le cellule endoteliali dei vasi sanguigni del sistema nervoso centrale a formare la barriera ematoencefalica (con funzione di protezione del tessuto cerebrale dagli elementi nocivi presenti nel sangue, pur permettendo il passaggio di metaboliti).

      Gli oligodendrociti possono avere dimensioni variabili; generalmente presentano numerosi prolungamenti ramificati, piuttosto corti; nel sistema nervoso centrale ciascun oligodendrocita con i suoi prolungamenti può avvolgere decine di assoni, formandone la guaina mielinica. Alcuni oligodendrociti (oligodendrociti satelliti) sono strettamente associati ai corpi cellulari dei neuroni.

      Le cellule ependimali hanno forma cubica o cilindrica e sono fittamente addossate le une alle altre a formare un rivestimento monostratificato che tappezza le cavità dell'encefalo (ventricoli cerebrali) e del midollo spinale (canale centrale), definito ependima, che conserva un aspetto epitelioide per tutta la vita dell'individuo.

      Le cellule di Schwann sono presenti solo nel sistema nervoso periferico, dove rivestono gli assoni, formando la guaina mielinica. Ogni cellula di Schwann riveste un internodo di un assone, avvolgendosi attorno ad un tratto di assone numerose volte; gli strati più interni sono composti principalmente da mielina, che forma la membrana cellulare, mentre il citoplasma e il nucleo restano negli strati più esterni. La mielina ha funzione di isolante elettrico, per aumentare la velocità di conduzione dell'impulso nervoso.

      Fibre Nervose

      La fibra nervosa è costituita dall'assone e dalle sue guaine di rivestimento; le fibre nervose possono essere classificate in fibre mieliniche (con guaina di mielina più o meno sviluppata) e fibre amieliniche (prive di guaina mielinica). Le fibre nervose possono essere efferenti o motorie (quando trasmettono impulsi dal sistema nervoso centrale alla periferia) oppure afferenti o sensitive (quando trasmettono gli stimoli sensoriali dagli organi periferici al sistema nervoso centrale). Le fibre nervose si associano in fasci a formare i nervi.

      La guaina mielinica è formata dagli avvolgimenti concentrici della membrana plasmatica di cellule della neuroglia attorno all'assone: cellule di Schwann nel sistema nervoso periferico, oligodendrociti nel sistema nervoso centrale. Gli oligodendrociti mielinizzano più assoni adiacenti, mentre le cellule di Schwann mielinizzano un solo assone. La guaina mielinica avvolge gli assoni in modo discontinuo: è interrotta ad intervalli regolari nei "nodi di Ranvier" (lo spazio fra due cellule di Schwann consecutive) in corrispondenza dei quali l'assone è privo della guaina. In questo modo, per mezzo del meccanismo a salti da un nodo di Ranvier al successivo, la propagazione del segnale elettrico è molto più rapida che negli assoni senza guaina mielinica. La membrana cellulare (plasmalemma) delle cellule di Schwann va a disporsi attorno all'assone, formando una struttura a doppia membrana (mesassone), che si allunga e si avvolge a spirale, in strati concentrici, attorno all'assone stesso. Durante questo processo di avvolgimento, il citoplasma della cellula di Schwann viene spinto verso la parte esterna, mentre le superfici delle membrane a contatto finiscono per condensarsi, formando le lamelle della guaina mielinica. Quando la guaina mielinica è definitivamente avvolta attorno all'assone, il mesassone scompare (per fusione delle membrane citoplasmatiche a contatto), tranne che in corrispondenza del giro più interno (mesassone interno) e di quello più esterno (mesassone esterno): resta un giro più esterno ricco di citoplasma. Quando la guaina mielinica è formata dagli oligodendrociti, il giro più esterno non è largo e con abbondante citoplasma ma è ridotto ad una linguetta: pertanto c'è il mesassone interno, ma non esiste il mesassone esterno.

      I nodi di Ranvier corrispondono alla zona dove termina una cellula di Schwann e ne inizia un'altra, in ogni fibra la distanza tra di essi è costante ed il tratto tra un nodo di Ranvier ed il successivo è definito internodo o segmento internodale. Trattando la fibra mielinica con i sali d’argento, a livello dei nodi di Ranvier si evidenziano formazioni con aspetto di croce (croci di Ranvier): tali croci indicano zone ad elevata permeabilità. Colorando con acido osmico la guaina mielinica, si possono osservare al suo interno linee ad andamento obliquo (strie o incisure o fessure di Schmidt-Lantermann), che rappresentano zone dove il citoplasma non è stato completamente spostato dalle lamelle durante il processo di mielinizzazione. Si tratta di canalicoli citoplasmatici che si portano a spirale dalle lamelle più esterne verso le più interne: il loro significato sarebbe di mantenere una comunicazione tra il citoplasma più esterno e quello che rimane in prossimità dell’assone, consentendo il passaggio di sostanze nutritizie.

      Nelle fibre amieliniche una sola cellula di Schwann può presentare semplici propaggini che accolgono numerosi assoni, formando attorno a ciascuno da uno a pochi giri di avvolgimento, formando il mesassone. In questo caso non sono presenti gli internodi.

      Giunzione Neuromuscolare

      Giunzione neuromuscolare. La giunzione neuromuscolare (o placca motrice o sinapsi neuromuscolare o giunzione mioneurale) è la giunzione periferica che si forma tra una fibra nervosa (di un motoneurone) e una fibra muscolare striata scheletrica. Prima di innervare la fibra muscolare, la fibra nervosa effettrice di divide in due o più rami in corrispondenza di un nodo di Ranvier e generalmente un’unica fibra nervosa innerva molte fibre muscolari. La fibra nervosa a livello di una fibra muscolare perde il suo rivestimento mielinico, fonde la sua membrana basale con quella della fibra muscolare, costituisce una serie di espansioni a forma di bottoncino (visibili con il MO).

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